La città è un organismo sensibile e mutevole, riflette il modo di vivere della società, reagisce ai suoi cambiamenti e talvolta li influenza. Ci sono due tipi di città, una rigidamente progettata e pianificata e una informale, non regolata. La prima ha perso di spontaneità e artigianalità nella misura in cui ha visto migliorare la qualità e la distribuzione dei suoi spazi, la seconda invece è tanto più sregolata quanto più affollata e autocostruita.
Infatti, stando ai dati, su un totale di circa quattro miliardi di persone che vivono nelle città1, uno di questi risiede in quelle che vengono chiamate “baraccopoli”2 e che appaiono come ammassi informi e confusi di piccole abitazioni. La crescita del fenomeno è proporzionale all’espansione demografica3 ed è causata dalla difficoltà dei governi di garantire una “casa dignitosa per tutti”. Il fatto è che la complessità spaziale e umana dell’ambiente urbanizzato informale spaventa e sono pochi gli strumenti per conoscerla, così risulta più facile nasconderla, dimenticarla, ghettizzarla o, nei casi peggiori, spazzarla via. Ma far finta di nulla non è più possibile e questo è stato il motore della ricerca del MIT Senseable City Lab cha ha progettato uno strumento per esplorare questa complessità, con lo scopo di trarne informazioni utili per la pianificazione del futuro.
Rio de Janeiro (Brasile)
11 maggio 2021
tempo di lettura: 7′ 10”
La visione di Carlo Ratti4, Direttore MIT Senseable City Lab, è questa:
Nonostante le condizioni di vita estreme e precarie, gli abitanti delle favelas si sono dovuti ingegnare per costruire la città, un’azione di grande responsabilità se pensiamo al fatto che hanno dovuto costruite le loro stesse abitazioni, tenendo conto dell’esistente e riciclando spazi e materiali. L’approccio bottom-up di questo processo di pianificazione e la complessità delle sue forme potrebbe essere d’ispirazione per cambiare lo standard con cui si progettano le città e per ripensare al nostro sistema urbano.
Queste poche parole hanno gettato le basi per lo studio del gruppo di ricerca che ha impegnato le proprie risorse nel mettere a punto un metodo di mappatura e analisi della città informale che prende il nome di Favelas 4D, dal primo caso studio, in Brasile. Infatti, grazie alla collaborazione con Washington Fajardo, Commissario per la Pianificazione urbana di Rio de Janeiro, la prima baraccopoli ad essere esplorata è stata la favela di Rocinha, la città multistrato della collina di Rio, una delle più estese della metropoli.
Il progetto Favelas 4D è una dimostrazione chiara di come nell’intersezione tra discipline nascano visioni importanti, approcci e strumenti innovativi. Nello specifico il team del Senseable City Lab ha coniugato tecnologia e progettazione per affrontare la complessità di un paesaggio urbano quasi sconosciuto. Le favelas sono così complesse e labirintiche che ogni tentativo di rilievo e mappatura si risolve più spesso in una restituzione fotografica dell’ambiente. Anche le immagini satellitari, come Google Street View o la mappatura open-source offrono solo delle panoramiche delle baraccopoli. Le cose però sono cambiate grazie all’intuizione dei ricercatori del MIT che, usando la tecnologia di scansione con laser 3D, sono riusciti ad affondare nel tessuto tridimensionale di Rocinha e ad estrarne codici, tendenze e misurazioni, restituendo immagini intriganti e poetiche. Il metodo nasce dall’applicazione della tecnologia LiDAR (Light Detection and Ranging) che usa la pulsazione laser per misurare le distanze tra punti, un sistema di misurazione estremamente preciso, con una tolleranza che sta nell’ordine di soli 50 cm.
Come funziona?
I ricercatori mappano lo spazio a livello della strada attraverso “nuvole di punti minuscoli” da cui ottengono scansioni ad alta risoluzione con cui sono in grado di caratterizzare quantitativamente la variazione morfologica dell’ambiente al fine di creare un set di dati che lo descrive con incredibile precisione. Tra i fattori misurati ci sono, per esempio, il grado di densità delle facciate, la variazione di altezza degli edifici, l’effetto canyon (cioè il rapporto tra la larghezza delle strade e l’altezza degli edifici), le differenze di quota; inoltre si ottengono informazioni anche sulle infrastrutture e le reti. Attraverso un software sviluppato ad hoc, le misurazioni vengono elaborate e scalate in modo da poter comparare le mappature e trarre conclusioni importanti sulle conformazioni dell’organismo urbano.
C. Ratti, durante una recente intervista, ha dato una definizione molto precisa di design: “se la scienza permette di analizzare ciò che esiste, il design permettere di immaginare qualcosa che non c’è e che si suppone si voglia migliore dell’esistente.”
L’approccio quantitativo di Favelas 4D coniuga esattamente questi due approcci, infatti consente, grazie alla tecnologia, di analizzare la situazione attuale dall’interno, conoscendola palmo a palmo, ricavando informazioni fino ad ora difficili o impossibili da ottenere che faciliteranno il lavoro dei pianificatori e serviranno per la progettazione di interventi futuri, siano essi di miglioramento delle condizioni delle favelas o di nuovi organismi urbani.
Anche Washington Fajardo si esprime in proposito, dimostrando di aver colto il grande potenziale della tecnologia messa a punto dal MIT:
Favelas 4D è capace di informare coloro che in futuro saranno chiamati a prendere decisioni e a pianificare la città ed è inoltre una grande opportunità per rendere l’ambiente urbano inclusivo, è un passo importante verso la conoscenza, e quindi l’inclusione, di forme alternative e ibride di vivere e di costruire, probabilmente più adeguate alle esigenze di crescita del futuro.
Infatti il progetto del Senseable City Lab è qualcosa in più di uno strumento, è un ponte tra la città formale e quella informale, è un modo per entrare in contatto con il lato oscuro delle metropoli e farlo emergere dalla noncuranza in cui giace da sempre. Perché, prendendo di nuovo in prestito le parole del Direttore della ricerca, “anche se le linee di demarcazione fisiche sono scomparse dall’ambiente urbano, i ghetti esistono ancora, le differenze e le esclusioni persistono”.E le baraccopoli ne sono un esempio eclatante, gigantesco, che non può più passare inosservato. Sta al design fornire gli strumenti per costruire ponti, connessioni, luoghi di incontro e inclusione. La sfida delle città, per il futuro, è l’integrazione tra comunità, luoghi e ambienti che, anche se diversi, sono pur sempre parti dello stesso paesaggio.
Il progetto favelas 4D è un importante passo verso un cambio di prospettiva che aiuti a riconsiderare la città come un organismo dotato di una sua sensibilità e per questo soggetto a mutazioni spontanee e di piccola scala, coerenti con la dimensione umana delle vite che la percorrono.
Crediamo fortemente che queste immagini evocative e di alta qualità estetica, oltre che tecnica, contribuiranno a diffondere un’idea diversa delle baraccopoli, considerate luoghi marginali e di scarto, come ambienti profondamente umani perché frutto di costruzione, ricostruzione e resilienza continua, ad opera di coloro che, nonostante tutto, si assumono la responsabilità di costruire l’ambiente dove vivono, di renderlo accogliente, dignitoso, umano, senza obbiettivi se non quello di preservare il diritto universale ad un alloggio dignitoso.
Per fare una città le regole non bastano, servono relazioni oneste tra gli spazi e le persone, serve il senso di comunità e di appartenenza al luogo. E gli abitanti delle favelas hanno molto da insegnare in proposito.
Vai al video del progetto
Per approfondire:
- Favelas 4D – Video
- Intervista a Carlo Ratti – Sumo Podcast E019
Note:
1 https://data.worldbank.org/indicator/SP.URB.TOTL
2 https://www.worldbank.org/en/topic/urbandevelopment/overview
3 https://unstats.un.org/sdgs/report/2019/goal-11/
4 Docente al Massachusetts Institute of Technology, è socio fondatore dello studio internazionale di design Carlo Ratti Associati. Nominato da Esquire, Wired, Bluprint come uno dei designer più influenti e brillanti del panorama contemporaneo,Carlo Ratti è costantemente immerso in una diversità di mondi e di discipline, lavora nelle intersezioni tra tecnologia, design, architettura, ingegneria, scienza, biologia, mettendo al centro della sua visione l’innovazione e il cambiamento.